Utero, seno, vagina, vulva, tube, ovaie.
Zone del corpo che appartengono alle donne. Insieme, formano un territorio tanto conosciuto quanto ignoto.
È la geografia femminile.
Ed è attraverso le sue mappe che la matrice biologica delle donne si esprime. Ma se il corpo, per molte donne, è di per sé poco amato o rifiutato, queste sono addirittura… parti del corpo dimenticate.
Ci sono. Ma è come se non esistessero.
La conoscenza e la percezione delle parti più femminili del corpo è davvero scarsa. Anche oggi, nell’era dell’informazione, in cui ci viene spiegato di tutto, questi organi destano l’attenzione delle donne solo quando si ammalano.
Quando il dolore e la patologia diventano la loro voce.
L’utero si riempie di fibromi, il seno duole gonfio prima delle mestruazioni o fa avvertire la sua presenza con i noduli, le mestruazioni parlano con fitte e crampi, le ovaie si fanno sentire con le cisti, la vagina e la vulva comunicano con le infiammazioni.
Andare alla scoperta della nostra geografia intima è importante: ci aiuta a conoscere e a percepire il nostro corpo di donne in modo nuovo.
Per sentirlo diversamente.
Per guarirlo quando è ammalato.
Per entrare in contatto con la mappa del femminile, una mappa disegnata sulla nostra carne, arrotolata nei nostri visceri, tatuata sulla nostra pelle, impressa nei nostri organi.
L’anatomia femminile: la vita segreta degli organi nascosti
È facile che la donna trascuri e si dimentichi dei suoi genitali.
Perché “non si vedono”.
Con la sola eccezione del seno, gli altri organi sono scarsamente visibili o del tutto non visibili. Se il pene e i testicoli sono ben evidenti, la donna che vuole guardare la propria vulva può farlo bene solo aiutandosi con uno specchio. La vagina, l’utero e le ovaie invece non possono essere guardate affatto. Mentre l’uomo ha ogni giorno davanti agli occhi la prova della sua virilità, la donna ha l’espressione della sua femminilità soprattutto “dentro”.
«L’utero? Mah… non mi capita di sentirlo» mi dicono spesso le donne durante gli incontri Olofem.
«Le ovaie… dove sono, esattamente?» e toccano con le dita qualche punto imprecisato nell’area addominale.
La conformazione anatomica femminile “nascosta” rende più difficile la percezione di queste parti del corpo: le donne spesso descrivono l’utero, le tube e le ovaie in modo approssimativo.
Come “organi fantasma”.
Nella mia esperienza di naturopata mi sono accorta di come le donne abbiano difficoltà a descrivere e definire i sintomi di questi organi. Anche se c’è una percezione del malessere, è come se fossero parti “nebulose” del loro corpo.
Per molte donne, la storia dei loro organi genitali è la storia di un incontro che non è mai avvenuto, di un dialogo mai nato. O, forse, di un ricordo che è stato cancellato dalla memoria. A lungo dimenticati, della percezione di questi organi si è parlato davvero poco. Ma se non percepire il proprio pancreas è un limite fino ad un certo punto, non percepire il proprio utero è un grande ostacolo per la donna. È proprio da questo organo che a livello fisico si espande l’energia femminile, un’energia viva e intensa.
[sam id=4 codes=’false’]Le donne spiegate dagli uomini: la storia “al maschile” dell’anatomia femminile
Se per la donna la scoperta della geografia femminile è già di per sé difficile, conoscere gli organi genitali attraverso l’approccio medico non facilita certo un rapporto più intimo con il proprio corpo.
Sia in passato che oggi.
La storia degli organi rovesciati.
Il corpo delle donne è stato a lungo studiato in rapporto ad un modello: quello dell’uomo. Nel passato l’anatomia femminile è stata analizzata e spiegata come “l’inverso dell’anatomia maschile”.
Intorno al 200 Galeno, uno dei più famosi medici e filosofi greci, propone la teoria degli organi rovesciati. Gli organi genitali femminili, asserisce, sono strutturati come quelli maschili. E si dispongono anche allo stesso modo nel corpo. Però, al contrario. La vagina non è altro che un pene invertito, le labbra vulvari equivalgono al prepuzio maschile, l’utero è uno scroto rovesciato e le ovaie sono i testicoli interni della donna.
Fu una teoria di successo.
Fino a tutto il 1600 le ovaie nei testi anatomici sono ancora chiamate testes muliebres, cioè “testicoli femminili”.
Anche la scienza medica medievale spiegava l’anatomia e la fisiologia femminile fondandosi sul principio dell’analogia: si cercava di individuare una corrispondenza tra gli organi sessuali della donna rispetto a quelli dell’uomo. Gli organi maschili, rivolti all’esterno, erano ritenuti perfetti. Quelli femminili, rivolti all’interno, erano considerati imperfetti: la donna era un essere non realizzato, non giunto alla completezza.
Fino al settecento gli organi sessuali femminili non possedevano neanche una terminologia anatomica propria. Molti termini erano ambivalenti e si usavano sia per il maschile che per il femminile. Per esempio, la vagina ebbe un nome solo nella metà del 1700. Così le ovaie. Gli organi della donna continuarono ad essere descritti come l’esatto rovescio di quelli maschili. Alla diversità fisica femminile si guardava con ossessione, ricercando tutti quegli elementi di mancata mascolinità: la donna – come vuole la definizione di Aristotele – era un “maschio imperfetto”.
Successivamente ci fu un’ulteriore svolta, a cui contribuì la psicanalisi freudiana. Le antiche concezioni si arricchirono di una nuova visione, più complessa. La “donna nata senza pene”, secondo la teoria psicanalitica, era la rappresentazione di un femminile manchevole, irrealizzato, insoddisfatto. Un femminile incompleto che continuava a contrapporsi a un maschile completo.
Quando le parole della scienza non bastano.
Anche oggi la relazione femminile con la propria geografia intima segue percorsi maschili. Argomento trattato “mantenendo le distanze”, la divulgazione si avvale soprattutto di informazioni asettiche proposte alle donne attraverso i testi di anatomia e per mezzo di un linguaggio scientifico che lascia poco spazio alle emozioni.
Ma una visione troppo tecnica e meccanicistica del corpo non è una conoscenza che stimola e attrae le donne.
Sembra non voler penetrare.
Che gli organi genitali ricevano scarso interesse l’ho constatato spesso nei corsi Olofem. Le donne si interessano alle patologie, fanno domande sui disturbi, chiedono quali interventi naturali sono più consigliati. Ma riguardo all’anatomia e alla fisiologia dei loro organi sanno ben poco. Anche le donne di cultura, che hanno studiato molto. Eccetto quelle che hanno fatto studi specifici, la maggior parte ha scarse conoscenze a riguardo.
«Ho letto diverse cose sull’apparato genitale, ma ricordo ben poco».
«Non mi piace vedere le immagini di anatomia!».
L’ho sentito affermare tante volte dalle donne.
Perché dicono così?
Perché è un modo di conoscere maschile, che segue le vie della sistematicità e della razionalità.
Adatto più agli uomini.
Poco adatto per le donne.
[sam id=4 codes=’false’]Voglio sapere, ma anche sentire: una conoscenza al femminile
Quando le donne conoscono, vogliono capire.
Ma vogliono soprattutto sentire.
L’utero non vogliono solo immaginarselo. Non si accontentano di toccare semplicemente il punto in corrispondenza.
Vogliono sentirlo.
Vogliono incontralo di persona.
Così le ovaie. Vogliono avvertirle, una su un lato e una sull’altro rispetto all’utero. Un’immagine anatomica non basta.
Anche la vagina. Va bene conoscere le sue funzioni. Ma loro vogliono instaurare un contatto più intimo.
Le donne sono particolarmente attratte dalle vie conoscitive dell’inconscio, secondo gli impulsi della loro matrice biologica. È un percorso che in Olofem viene utilizzato spesso. Attraverso tecniche specifiche. E attraverso la percezione interiore.
E quando non c’è più? L’invisibile presenza degli organi asportati
«E chi non l’ha più?».
Mi sembra di sentire l’eco delle parole che tante volte, ai corsi Olofem, mi sono sentita ripetere dalle donne che il loro utero – o le ovaie o il seno – l’hanno lasciato in una sala operatoria, tra le mani di un chirurgo.
No, mie care. Lo dico rivolgendomi a tutte voi. Si perde un organo. La nostra anatomia è cambiata. Quella parte, ora, è vero che manca.
Ma non si perde il principio, il fulcro, l’essenza.
La “presenza” dell’utero – o del seno, o delle ovaie – ci sarà sempre. È stampato nella nostra matrice biologica. Una donna è una donna per intero, qualunque intervento abbia subito il suo corpo. Quell’utero si farà sempre sentire, dentro di lei. Così come le ovaie o il seno.
Purtroppo le donne che hanno subito l’asportazione di un organo pensano che non abbia alcun senso interessarsi a quella parte del corpo. Perché non c’è più. Non fa più parte di loro.
Ma è sbagliato.
Perché se l’organo non c’è, il suo campo vibrazionale esiste comunque. È un vuoto fisico, non energetico. Le persone a cui è stata amputata una gamba spesso riferiscono che “la sentono”. È la vibrazione energetica di una parte del corpo che c’è stata e che ancora c’è, anche se non in tutte le forme.
Quante volte, durante i corsi Olofem, le donne, con le lacrime agli occhi, hanno condiviso: «Ho avvertito il mio utero, anche se è stato asportato. Questo mi ha fatto sentire di nuovo una donna completa, non più mancante di un pezzo».